Senza farlo apposta, ma facendolo di proposito, i 20 euro citanti Beuys sono stati scambiati per un libro, comprato in edicola il giorno stesso della “creazione” della banconota, facente parte di una collana edita dall’ Espresso sull’arte contemporanea.
Il costo del libro: 10,90 euro più costo di un settimanale che ho buttato al primo cassonetto.
La gentilissima edicolante in Via Roma ha messo da parte la mia copia, creando quello che vedete qui sotto.
Alla fine dello stringato articolo il redattore conclude:
“L’arte è libera perché non è vincolata a una forma logica, e qualunque sua espressione è adeguata, perché l’importante non è il mezzo, ma il messaggio trasmesso”
Ora, apparte il fatto che il periodo inizia con una tautologia che non ha alcun senso se intende essere una spiegazione o una descrizione del fenomeno (infatti dire che X è libero in quanto non vincolato a Y equivale a dire che X è svincolato da Y. Se l’arte è svincolata da “una forma logica”, non vedo perché parlarne utilizzando argomentazioni logiche. Questo non fa che aumentare la confusione che regna nel pubblico che giustamente protesta di fronte al luogo comune dell’arte che dovrebbe dipingere l’irrazionale. Vi rimando, per fare quattro risate leggendo le impressioni di un pubblico ingenuo e tradizionalista, ad un forum. Se avete tempo spilucchiatevi questo topic), … dicevo, apparte quello, mi importa ribadire un concetto che ritengo fondamentale.
Non è vero che ogni espressione artistica sia adeguata PERCHE’ il messaggio è quello che conta, a prescindere dal mezzo. Non si tratta di espressione, né si tratta, quindi, di messaggio. Il mezzo… è proprio il mezzo (non voglio fare proselitismo mcluhaniano…) L’elaborazione teorica e pratica sulle ragioni del mezzo rispetto all’uomo dischiude una parentesi di libertà (libertà che, a mio avviso, conduce al di là dell’espressione personale – e qui giace uno dei motivi dell’azione NoMA). Il mezzo che diventa il tutto. Questo potrebbe essere una chiave di lettura di NoMA: IL MEZZO CHE DIVENTA IL TUTTO.
Ora vorrei approfondire questo tema sulla scorta di una discussione tenutasi nel blog del buon Apo, a partire dal solito Joseph.
Innanzitutto vi riporto un’antologia delle cose che si sono dette e a cui farò riferimento.
“Commento di Michelangelo on 14 Dicembre 2007 11:54 pm
invece penso che l’arte non sia solo “carica espressiva” e definizione della stessa in quanto riconosciuta, dichiaratamente.
L’arte è frutto di espressività, emotività, ma anche tecnica, riflessione.
Commento di apolide on 15 Dicembre 2007 12:38 am
@Michelangelo: Il problema, secondo me è di carattere sociale: Può ancora l’arte dei musei, l’espressione più palese della sistematizzazione di uno status, riuscire a definire l’immaginario, le pulsioni, i fantasmi di una società complessa e in rapida trasformazione, in cui vasti strati della popolazione hanno accesso alla conoscenza, e spesso hanno un attegiamento critico rispetto a come vanno le cose?
Il problema non è tecnico, è epistemologico: cosa rappresenta l’arte, se non un feticcio da osannare come la statua crisolelefantina di Atena, protettrice della poleis ateniese, o il David michelangiolesco icona della resistenza fiorentina al nemico d’oltralpe, o le grandi tele di David, testimoni delll’influenza politicoeconomica del regime napoleonico in area europea, o l’emergere di un sentimento di lotta di classe cantato da un Fattori, o la rivendicazione del diritto ad esistere della nascente classe borghese rappresentata da Monet? Secondo me l’arte raffigura, concretizza un’idea da passare alla storia.
Commento di apolide on 29 Dicembre 2007 8:33 pm
Brancusi è riconosciuto senza probelmi come grande artista, dall’establishment culturale mondiale e mi pare emblematico il fatto che i giudici hanno motivato la sentenza non solo secondo criteri estetici classici di bellezza, ma anche secondo l’argomentazione che vi era stato un riconoscimento, uno “sdoganamento” di Brancusi da parte della comunità artistico-critica del tempo. Ed è passato quasi un secolo, da allora… non bisognerebbe starne ancora a discutere.
Commento di Michelangelo on 8 Gennaio 2008 11:08 am
Asakusa, apprezzo il tuo intervento (…)
In effetti l’arte non può prescindere dall’uomo, dunque da una concezione relativa e soggettiva, personale.
Commento di Greta on 9 Gennaio 2008 7:01 pm
Ma nel suo esperiemento c’è una precisa volontà, e c’è l’adozione di una coerenza organizzativa che fa sì che l’opera d’arte abbia ancora la propria riconoscibilità.”
L’arte non ci sta più nei musei, deborda. Perfettamente daccordo.
Ma l’arte concretizza un’idea da passare alla storia, non sono daccordo se non si puntualizza una questione. E la puntualizzazione è tanto più necessaria quanto pochi commenti dopo si legge “l’arte non può prescindere dall’uomo, dunque da una concezione relativa e soggettiva, personale”, e si sente parlare e di “coerenza organizzativa che fa sì che l’opera d’arte abbia ancora la propria riconoscibilità” senza che nessuno abbia da ridire.
La puntualizzazione concerne la demitologizzazione dell’artista… argomento di cui ho parlato commentato il blog di Pip, e che ora non ho voglia di riportare qui traducendolo… Chi avesse intenzione, se lo vada a leggere (per ora) nel mio pessimo inglese in quella sede.
for first: cosa ci fai con quella collana tu!? PROPRIO TU!?
for second time: credo che sia singolare la quantità di segni che ci lasciamo dietro sotto forma di “scritto”… “Stai” diventando un progetto in larga parte anche documentaristico socio-antropologico…
for 3° time, LOL